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Venerdì, 29 Marzo 2024

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Recensioni e giudizi sulle raccolte

Contenuti:

Recensioni sulla raccolta “In terra d’Ichnusa”

Prefazione a “In terra d’Ichnusa” di Bianca Cerulli

La terra dolce e dura, solcata da rughe come il volto di una madre, che si disegna agli occhi dei lettori di questa bella raccolta di Gabriele Ortu - noto poeta nuorese - è naturalmente la Sardegna con i suoi aspri contrasti e i suoi esaltanti profumi: a essa sono dedicate poesie di struggente bellezza, in cui la compostezza di stile e misura che caratterizza i versi del poeta fa vividamente spiccare, per contrasto, la selvaggia bellezza naturale dell’isola: amata, rimpianta, esaltata anche; fino a diventare una terra mitica e senza tempo dove sopravvivono passioni eterne e intense emozioni: messe in pericolo, tuttavia, dalle maledizioni dell’uomo-motore contro cui il poeta scaglia alcune invettive intrise di rabbioso dolore per gli scempi di cui si rende colpevole “(Uomini-motore / mi passano innanzi / come cadaveri / viventi)”.

Ciò nonostante Ortu non rinuncia a cercare, con paziente ostinazione, i segreti della sua terra: nelle notti trasparenti, nei boschi di smeraldo, nel mare cristallino egli trova, e offre al lettore, l’antico e più vero respiro della terra e degli uomini che la abitano: le donne di Barbagia, i pastori, gli emigranti vengono in tal modo restituiti alla loro umanità essenziale, e i loro profili nitidamente scolpiti nella luce del sole rendendoli simili a statue greche, solenni e composte.

Il richiamo alla classicità, già introdotto poco fa, non è casuale: si capisce infatti, e alcune liriche lo confermano in modo esplicito (si pensi a “Sulla spiaggia di Samo” e a “Schegge”), che il mondo greco rappresenta per Ortu una fonte costante di ispirazione sia per la scelta delle soluzioni stilistiche che per i nuclei tematici, che vanno a sondare le ragioni più profonde dell’esistenza con accenti di stupefatta emozione; senza mai perdere, comunque, l’attenzione per la semplicità del lessico e per il controllo delle emozioni. Anche quando il discorso si fa più sofferto e lo sguardo abbraccia l’umanità dei derelitti e delle sofferenze: la guerra, l’emigrazione, la povertà, lo sfruttamento sono viste con gli occhi di chi le subisce con una capacità di compatire - nel senso di soffrire insieme - che conferisce ai versi di Ortu un’umanità infinita, come un enorme abbraccio fraterno che non esclude nessun emarginato, nessun sofferente.

Bianca Cerulli, critico letterario del Club degli Autori

Recensione su “In terra d’Ichnusa” di Carlo Gaspardone

L’Autore Maresciallo Maggiore Aiutante delle Trasmissioni in pensione, nato a Gadoni di Nuoro, socio della Sezione di Cagliari, dedica il suo tempo libero a scrivere racconti e poesie in lingua sarda ed in italiano, con il cuore sempre rivolto alla sua Ichnusa (antico nome della Sardegna).

Ha collezionato quindici premi in vari concorsi ed ha pubblicato, oltre al presente volume, “Camminando”, silloge di 36 poesie, nella collana “Al di là del 2000” edita e curata da “Penna d’Autore”, Torino, 1966. Sue poesie si trovano in internet (http://www.club.it/autori/gabriele.ortu).

Nelle sue poesie l’Autore ci propone tutta una serie di temi che tracciano il destino dell’uomo con le sue luci e con le sue ombre e una particolare attenzione alle sfortunate vicende della sua terra. L’inquinamento, l’emigrazione, lo sfruttamento, l’amore per la sua terra sono i temi trattati, ma è sempre l’uomo al centro di tutto, con le sue speranze e con i suoi dolori. Scrive Bianca Cerulli, nella sua prefazione: “La terra dolce e dura, solcata da rughe come il volto di una madre, che si disegna agli occhi dei lettori di questa bella raccolta di Gabriele Ortu è naturalmente la Sardegna con i suoi aspri contrasti e i suoi esaltanti profumi: a essa sono dedicate poesie di struggente bellezza, in cui la compostezza di stile e misura che caratterizza i versi del poeta fa vividamente spiccare, per contrasto, la selvaggia bellezza naturale dell’isola: amata, rimpianta, esaltata anche, fino a diventare una terra mitica e senza tempo dove sopravvivono passioni eterne e intense emozioni messe in pericolo, tuttavia, dalle maledizioni dell’uomo-motore contro cui il poeta scaglia alcune invettive intrise di rabbioso dolore per gli scempi di cui si rende colpevole (Uomini-motore / mi passano innanzi / come cadaveri / viventi)” e ancora: “Anche quando il discorso si fa più sofferto e lo sguardo abbraccia l’umanità dei derelitti e delle sofferenze: la guerra, l’emigrazione, la povertà, lo sfruttamento sono viste con gli occhi di chi le subisce con una capacità di compatire - nel senso di soffrire insieme - che conferisce ai versi di Ortu un’umanità infinita, come un enorme abbraccio fraterno che non esclude nessun emarginato, nessun sofferente”.

La redazione del Notiziario, a nome di tutti gli angetini, esprime al socio Ortu il più sentito compiacimento per la sua opera così espressiva e profondamente sentita e ringrazia per il lustro che egli porta al nostro sodalizio.

Carlo Gaspardone, vicedirettore della rivista “ANGET”
[in: ANGET n. 5/1999]

Recensione su “In terra d’Ichnusa” di Pacifico Topa

Gabriele Ortu è una voce eloquente della Sardegna, poeta ben noto per la sua lunga militanza nel mondo della cultura, gratificato da successi editoriali, egli ha dato voce con i suoi versi, ad una terra forse meno lontana da quello che veramente è. La silloge “In Terra d’Ichnusa” è uno spaccato di realtà sarda, particolarmente curato per dare modo al lettore di entrare nello spirito di un territorio che, forse, è ancora troppo sconosciuto. Ortu lo fa con fantasiosa immaginazione, con simboleggianti allusioni, ma anche con tanta passione, riuscendo a smitizzare ciò che c’è di più misterioso. Anche se la tematica è ampia e investe momenti, situazioni contingenti, tuttavia dai versi si evidenzia l’animo sardo profondamente convinto. Ortu è un buon cronista di una realtà che gli sta a cuore e che vorrebbe fosse più diffusa e conosciuta, ecco perché inserisce nella sua raccolta spunti attualistici, mai perdendo di vista gli aspetti tipici di una regione che vanta una lunga e travagliata storia esistenziale e che sta facendo passi decisivi verso un affrancamento sociale ed umano.

Non si può negare ad Ortu una devozione quasi morbosa per la sua terra e questo senso di grande ammirazione egli lo estrinseca con una versificazione fluida, contenuta, mai aggressiva, semplice, perché tutti la intendano. Ogni tanto affiora qualche breve cenno di rimembranza, è la logica risultante di chi vive nel ricordo del passato da cui ha attinto principi di vita. Nostalgici ricordi che riemergono, testimonianze precise, annotazioni d’una realtà che è strettamente legata al territorio con i lacci di una lunga tradizione gelosamente custodita. Questo in sintesi, il senso della silloge che Ortu ha voluto affidare, specie a coloro che hanno lasciato l’isola e ne sentono tanta nostalgia. Sentimento, passione, entusiasmo, grande fiducia e prospettive migliori, sono gli ingredienti che Ortu manipola con saggezza!

La poetica di Gabriele Ortu, è, senza dubbio, quella genuina che scaturisce da un animo sensibile ed è dettata dal un profondo senso di genuinità. Si può parlare di prosa poetica, perché essa assume la connotazione di una vera estrinsecazione spontanea, semplice, orientata verso il grande pubblico. Molte composizioni, per la loro brevità, possono essere considerate delle citazioni epitafiali, per la proverbiale sinteticità e chiarezza contenutistica. Un senso di solitudine, di abbandono, di isolamento, traspare dalle composizioni dell’Ortu, essi sono frutto di malcelato risentimento per una terra, la Sardegna, troppo spesso emarginata. Intento dell’autore è quello di riscattare questo isolazionismo, vincerlo con lo slancio di chi sente e vive ciò che dice. Questa è una poesia intimistica, personalizzata, ma anche liberatoria, di una malcelata angoscia che cova nell’intimo!

(Nota - La recensione è mancante di parte per errore tipografico.)

Pacifico Topa, critico letterario
[in: Le Muse, anno V, giugno 2006]

Recensione su “In terra d’Ichnusa” di Luigi Muscas

Avevo già letto, a suo tempo, al suo apparire, qualche anno fa, questo prezioso volumetto, quando Gabriele, molto cortesemente, volle farmene dono. Apprezzai moltissimo le poesie che vi raccoglie, molte delle quali conoscevo già, bellissime, come tutte le sue composizioni (“In terra d’Ichnusa” non è la sola sua raccolta e le sue poesie non sono tutte raccolte in volume. Sono innumerevoli e molto spesso mi hanno messo in imbarazzo, quando ho dovuto fare una scelta.) Ho riaperto recentemente il libro citato, ho riletto le poesie e il messaggio che ho ricevuto è stato lo stesso e forse più chiaro e più distinto.

Gabriele è un poeta sardo, non perché scrive anche in sardo (e lo fa con un’arte innata e straordinaria in tutte le versioni della nostra lingua) o perché il suo argomento preferito è la Sardegna con i suoi mali antichi, ma perché in lui vive la Sardegna e perché con i suoi scritti, in sardo o in italiano, riesce a dipingere questa terra e a darle vita. La solitudine dei nuraghi si riempie di voci e di suoni e tu vedi e senti l’anima della Sardegna, coinvolto da Gabriele, che t’induce a parlarle.

In questo libro in modo particolare, “In terra d’Ichnusa”, sono plasmati il dolore antico delle nostre donne, i patimenti e le rinunce, ma sono delineati anche i sogni delle nostre madri per noi, per i loro piccoli, come in “Tanedda mia madre”, una figura toccante, delineata con tale maestria da indurre ogni lettore a veder trasparire nei suoi tratti l’immagine della propria madre.

L’anima della Sardegna appare al lettore anche tra i versi dedicati al mondo classico. Stessa mano felice nel tratteggiarne i luoghi e la cultura, ma stessi toni di una tristezza atavica di chi attende invano (come i sardi) “Sulla spiaggia di Samo”. L’anima del sardo, tradizionalmente ospitale e generoso, pronto a dividere il suo pane impastato di sudore e di lacrime con chi ha meno di lui, è l’accompagnatrice fedele del lettore in quasi tutto il percorso poetico. Quest’anima sarda spartisce anche il dolore per la tragedia di Bade, Madau, Banga e Omar, gli amici senegalesi strappati alla loro cultura da un sogno ingenuo, infrantosi poi sull’asfalto delle nostre strade.

Questo è Gabriele Ortu, poeta sardo il cui messaggio è valido in tutte le latitudini ed è prezioso ovunque palpiti un cuore sensibile e ovunque brilli una luce di civiltà.

Luigi Muscas, presidente onorario del Solstitium

Giudizio su “In terra d’Ichnusa” di Salvatore Tola

Secondo la mia esperienza, gli autori che in Sardegna si dedicano alla poesia sul doppio versante linguistico, sardo e italiano, riescono solitamente meglio nel primo che nel secondo; ma Lei fa eccezione. La prima impressione l’ho avuta passando dalla composizione che apre il libro a quelle che seguono; e poi confrontando il libro con le poesia che mi ha dato a parte.

Le poesie italiane sono migliori perché più semplici ed immediate, concordo ampiamente con la bella prefazione.

Prof. Salvatore Tola, Sassari 03/10/1998

Giudizio su “In terra d’Ichnusa” di Francesco Sonis

Le poesie in lingua sarda, a parte “Feminas de Parteolla” che mi pare interessante, mi convincono meno di quelle in lingua italiana.

Devo confessarle che ho gustato e apprezzato, invece, la raccolta “In terra d’Ichnusa”, soprattutto le poesie: “Ti ricordo, padre” - “Tanedda mia madre” - “Compagna di viaggio” - “Ai gadonesi” - “Del mio paese” - “La voce del fiume” - “Morte in miniera” - “Disperati cavalli…” - “Docili vite” - “Disperso in guerra…”.

Ritengo che la sua poesia, profonda e ricca di contenuti possa occupare uno spazio dignitoso nel panorama della poesia isolana.

Complimenti.

Dott. Francesco Sonis, Mogoro 1998

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Aggiornamento pagina: 02/09/2007
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